In Italia non è possibile, tutto si è fermato in quel fatidico giorno, il 25 Ottobre 2020, il calcio giovanile è sceso in campo per l’ultima volta (come tutti sappiamo causa Covid-19), con il trascorrere delle settimana, la speranza di tutti gli addetti ai lavori, Società, allenatori e futuri campioncini era quello di ritornare a gioire sui campi di gioco, sogno svanito a metà marzo con la definitiva decisione che il tutto è stato rimandato alla prossima stagione 2021-22.
In Italia il settore giovanile messo a “riposo”, invece, nella vicina Svizzera il calcio giovanile non ha mai smesso la propria attività, in terra elvetica i ragazzi (anche quelli di Società dilettantistiche) si allenano e fanno parte partite regolarmente.
C’è da non crederci. Mentre in Italia siamo ancora attanagliati dalla paura e senza alcuna attenzione verso il mondo del calcio giovanile, ecco che basta spostarci di pochi chilometri dal confine del nostro paese per vedere una realtà completamente diversa. “Toscanagol” con Gino Mazzei, è andata “virtualmente” in viaggio in Svizzera, nel Canton Ticino più esattamente e ha scoperto cose che ci lasciano basiti.
In questo tour eveltico, a far da guida un italiano, il pugliese di Vieste, Teodoro Palatella, da sei anni responsabile del settore giovanile del Lugano, società professionistica che al pari di tutti i club svizzeri ha due statuti ben distinti tra Prima Squadra e Settore Giovanile, due Presidenti e le risorse ben distinte. In pratica, cosa che in Italia non succede, se la prima squadra fallisce, il settore giovanile prosegue come se niente fosse.
La domanda rivolta a Teodoro Palatella, cosa è successo in questi mesi di pandemia in Svizzera? “qua l’attività non è mai cessata dall’Agosto scorso. Hanno solo fermato le competizioni nel periodo invernale, ma questo avviene tutti gli anni. In compenso ci siamo sempre allenati, dall’attività di base a tutto il settore giovanile. Anzi, abbiamo pure aumentato il numero di sedute noi a Lugano dove crediamo che allenarsi sia più importante che giocare”
In Svizzera le scuole sono rimaste chiuse solo per pochi giorni? “Vero, ma in quei giorni i ragazzi venivano ugualmente ad allenarsi. Qua sono stati molti bravi a gestire la pandemia nelle scuole. Tutt’altra gestione rispetto all’Italia”
Giusto però fare alcune precisazioni? “In Svizzera non ha mai smesso di fare attività chi è al di sotto dei 20 anni. Si sono fermati solo per le festività. I campionati dilettantistici, quelli che invece riguardano l’attività di coloro che hanno da 20 anni in su, si sono invece fermati”.
In Italia si è fatta una distinzione tra giovani di società professionistiche e giovani di società dilettantistiche che ha fatto ridere molti? “Questo distinguo in Svizzera non esiste, noi abbiamo Società dilettantistiche affiliate e abbiamo sempre continuato a dare il supporto stabilito. Il decreto della Conferazione ha diviso la popolazione solo in merito all’età. E dopo la sosta invernale, da una settimana sono ripartiti sia i campionati professionistici giovanili che quelli dilettantistici”
Palatella ci spiega il protocollo usato da tutti coloro che hanno squadre giovanili? “E’molto semplice. I ragazzi innanzitutto non possono utilizzare gli spogliatoi per fare le docce. Noi abbiamo anche ragazzi che arrivano dall’Italia e che dopo tornano a casa. A tutti raccomandiamo di portarsi dietro un cambio o qualcosa che gli permetta di non andare via sudati. Gli allenamenti non hanno limitazioni, sono previsti contatti e partitelle di ogni tipo. E gli allenamenti sono fatti assolutamente senza mascherina”.
Se un ragazzo di contagia? “nel momento in cui si riscontra un caso, le Società sono allertate dagli organismi sanitari, si traccia il contatto e si fanno i tamponi a tutti i compagni. Chi ha il virus resta fermo per sette giorni, l’ottavo fa un nuovo tampone e in caso di negatività torna immediatamente ad allenarsi con il resto della squadra”
Quarantena per gli altri? “No, assolutamente”.
Avete avuto tanti casi in questi mesi? “Qualcuno si, ma li abbiamo tutti gestiti in maniera individuale. Abbiamo isolato i ragazzi e fatto partire le procedure. Noi abbiamo sempre preservato l’allenamento e mai fermato. Ecco, a differenza dell’italia dove non si è capita l’importanza mentale e fisica che rappresenta tutto questo. I nostri ragazzi che arrivano dall’Italia e le loro famiglie rimarcano sempre questo fatto. Il calcio e lo sport in generale rappresenta una sorta di valvola di sfogo. Non riesco a comprendere come in Italia ci siano ragazzi che da mesi sono fermi in casa. E’ inaccettabile”
Il nostro paese si è impantanato in una vera e propria palude? “Stiamo parlando di sport all’aperto. Fermare gli allenamenti è incredibile. Se viene seguito il protocollo quali problemi ci sono? Quello che si vede in Italia è davvero singolare. So di altri paesi dove si è cercato ugualmente di andare avanti con l’attività giovanile. E poi ripeto, siamo all’aperto, noi igienizziamo tutto quello che i ragazzi usano. Se si usano le precauzioni giuste non ha senso fermarsi”
In Italia si è pure discusso sul fatto che non potendo fare le docce, i ragazzi rischiavano di prendere freddo nelle giornate piovose invernali? “Ripeto, abbiamo sempre incentivato i ragazzi a portarsi un cambio e rientrare così a casa. Siamo stati rigidi su questo, perché riteniamo che sia stato sempre da privilegiare il fatto di poter fare allenamento. Anche i genitori hanno apprezzato questo e non hanno mai fatto obiezioni. Capisco che è un piccolo sacrificio, ma così abbiamo potuto non interrompere l’attività”